FEDERAZIONE NAZIONALE DIRIGENTI E ALTE PROFESSIONALITA’

DELLA FUNZIONE PUBBLICA

Premessa

La CIDA, che organizza sindacalmente la dirigenza e le alte professionalità nel settore pubblico e privato e che quindi rappresenta un settore importante del ceto medio e medio-alto, si sente investita in pieno dalla Finanziaria 2007, essenzialmente in ragione del fatto che la categoria di cui è soggetto esponenziale si colloca in un’area sociale dove s’incrociano, con conseguenze cumulative, gli effetti di molti provvedimenti in essa contenuti. In particolare la nuova rimodulazione delle aliquote dell’IRPEF ha suscitato fondati motivi di allarme e valide ragioni di protesta, considerate anche le prevedibili ricadute sui costi differenziali di accesso ai servizi pubblici locali conseguenti alla riduzione dei trasferimenti statali alle regioni, al sistema sanitario ed al sistema delle autonomie. Nell’ambito della dirigenza pubblica, inoltre, non possiamo non esprimere il disorientamento e lo sconcerto della categoria per il carattere estemporaneo, velleitario e approssimativo delle indicazioni di vero e proprio sconvolgimento degli attuali assetti organizzativi delle strutture amministrative pubbliche, specialmente statali (centrali e periferiche), indicazioni che, in quanto non sorrette in molti casi da ipotesi costruttive fondate su ponderate valutazioni dei loro effetti in termini di funzionalità e di efficienza attese, rischiano di produrre esiti paralizzanti sui servizi erogati alle persone ed alle imprese, senza, peraltro, conseguire risparmi di spesa.

Le valutazioni

In generale, la Finanziaria 2007 si presta ad osservazioni di segno diverso a seconda del criterio di valutazione che si utilizza e del profilo che si ritiene più importante. Ciò vuol dire, in sostanza, che in questo documento non sembra sia stato trovato quel punto di equilibrio unificante capace di tenere insieme le esigenze di crescita, di risanamento e di equità, così come programmaticamente richiesto dal DPEF 2007-2011, di modo che non risulta agevole un giudizio complessivo di sintesi. Infatti, mentre per l’azione di risanamento (deficit al 2,8% del Pil, avanzo primario al 2%, il debito a 106,9%) l’esito perseguito soddisfa pienamente i vincoli concordati con Ecofin e quindi merita il nostro apprezzamento, per gli altri due profili non possiamo non esprimere le nostre più ampie riserve.

Per quanto riguarda il profilo dell’equità sociale della manovra finanziaria, la CIDA non può non condividerne le indicazioni di sostegno ai percettori di redditit bassi ed alle famiglie, specie alle meno abbienti. Ma ciò, in presenza di una forte evasione e/o elusione fiscale, non basta a garantire l’equità della nuova rimodulazione delle aliquote Irpef. Infatti, al riguardo, le seguenti osservazioni si impongono:

· In una situazione in cui il reddito sommerso in Italia si estende ad un’area valutata pari al 20-25% del Pil, non v’è dubbio che molti redditi personali o sono del tutto occultati oppure vengono dichiarati solo parzialmente, finendo per annidarsi negli scaglioni medio-bassi. In questo quadro l’accentuazione del carattere progressivo dell’imposizione non solo scarica il suo intero peso redistributivo solo sui redditi medio/medio-alti che non evadono (cioè prevalentemente sul lavoro dipendente, in particolare della dirigenza) ma, paradossalmente, finisce per recare ulteriori vantaggi anche agli evasori. Ciò appare francamente inaccettabile anche ad una categoria, come la nostra, che pure è disponibile, ma secondo equità, a contribuire alla solidarietà sociale. Ne deriva che, per non essere punitiva, la politica fiscale deve: a) contribuire agli equilibri di bilancio facendo perno sulla lotta all’evasione in misura ben maggiore di quanto faccia la finanziaria 2007, b) graduare la progressività delle imposte sull’andamento della lotta all’evasione non forzandone l’aggressività entro il campo dei contribuenti conosciuti, c) estendere, per mantenerne la coerenza, il principio di progressività anche ai redditi più alti, che normalmente non appartengono al lavoro dipendente; altrimenti, come avviene con questa finanziaria, l’iniquità fiscale non viene eliminata ma viene spostata dai livelli bassi di reddito a quelli medio-alti. Questa iniquità è ancora più inaccettabile per i dirigenti in pensione per i quali si prospetta la spoliazione aggiuntiva del contributo del 3% di solidarietà.

· Questa politica di appiattimento verso il basso dei redditi medio-alti rischia di farsi più pesante ove si pensi che, come conseguenza della forte riduzione dei trasferimenti statali (per 4,3 mld di euro oltre i 3 mld per la sanità) alle Regioni, Province e Comuni, potrà essere inevitabile differenziare ulteriormente per livelli di reddito i tributi e i costi di accesso ai servizi pubblici locali, a partire dai servizi sanitari.

In queste condizioni, è difficile sottrarsi ad una giustificata logica difensiva cui viene costretta la dirigenza dal carattere vessatorio della nuova struttura Irpef. Tuttavia, la CIDA in linea con le valutazioni positive già espresse in sede di discussione del DPEF 2007-2011, e nell’intento di fornire comunque un proprio contributo al dibattito pubblico, ritiene di dover esprimere le seguenti osservazioni aggiuntive.

Sul piano metodologico, la Finanziaria, sulla scia del DPEF, appare composta da dati previsionali che rivestono il carattere della credibilità. Anzi, in qualche caso, come per la stima sulla crescita del PIL, il documento del Governo sembra attenersi ad una linea di eccessiva prudenza, anche alla luce del buon andamento del commercio internazionale e, in particolare, dei prezzi calanti dell’energia e delle materie prime. Una notazione, però, s’impone in merito al grado di correttezza degli equilibri definiti da questa manovra di bilancio, notazione che riguarda l’inclusione, che a noi sembra impropria, di parte del tfr (5 mld di euro) fra le risorse di copertura della spesa. Ci sembra, inoltre, pesare su questa manovra di finanza pubblica ilpreoccupante gravame sul 2007 del rimborso IVA per le auto d’impresa. Si tratta di somme di notevole consistenza che potrebbero alterare i saldi sui quali si fonda la Finanziaria che ci viene proposta.

Per quanto riguarda l’azione di risanamento della finanza pubblica, patto di stabilità interno compreso, si ribadisce che su questo aspetto non può che esserci la più ampia condivisione della linea proposta dal Governo. Il rigore finanziario nei bilanci pubblici risponde, infatti, non soltanto ad esigenze di rispetto di accordi e di vincoli comunitari, ma anche alla necessità di una migliore allocazione delle risorse del Paese, onde evitare, nel contempo, i rischi di un appesantimento differenziale del costo del debito pubblico. Tuttavia, l’altra direttrice (lo sviluppo) verso cui sono destinate ingenti risorse (18,6 mld di euro) e che dovrebbe costituire la seconda gamba con cui dovrebbe camminare il programma di Governo, appare assumere un’idea di sviluppo soltanto come riduzione dei costi e come crescita occupazionale quando il vero ritardo dell’economia italiana riguarda i processi di innovazione e di miglioramento della produttività totale dei fattori del sistema produttivo. Non che non occorra incentivare l’occupazione giovanile o femminile e soprattutto nel meridione, cosa di per sé apprezzabile e necessaria, ma non ci sembra che altrettanto sostegno venga riservato alla questione di fondo del nostro sistema produttivo e cioè all’inversione verso l’alto della curva disegnata dal progressivo arretramento della posizione internazionale del nostro Paese nella classifica della produttività. Né ci sembra che siano previsti adeguati sostegni ai processi di ricomposizione del nostro frammentato tessuto produttivo al fine di incentivarne la riorganizzazione su basi dimensionali più adeguate a fronteggiare la competizione dei mercati globali. Insomma, la scuola, la ricerca, l’innovazione appaiono appiattite sullo sfondo e affidate alle dinamiche più inerziali del mercato, anziché essere posti fra i fattori principali di sistema necessari ad ogni prospettiva credibile di sviluppo.

Per quanto riguarda il pubblico impiego, la CIDA esprime il proprio consenso per una migliore e più produttiva utilizzazione delle risorse umane, che comporti però una loro valorizzazione sia professionale sia economica. Occorre al riguardo una ricognizione seria delle eccedenze e dei vuoti rispetto ad organici che, però, vanno tutti rivisitati in rapporto ai servizi da espletare.

Infine, ci pare condivisibile la ricerca di risparmi di spesa nel settore pubblico attraverso una riorganizzazione complessiva dell’apparato amministrativo al fine di eliminare sprechi e duplicazioni. Tuttavia essa non può essere il frutto di indicazioni estemporanee specie nell’ambito della revisione organizzativa di alcuni ministeri (Esteri, Interno, MEF, ecc.), la cui complessità e le cui esigenze di funzionamento di lungo periodo richiedono approfondimenti e riflessioni specifiche e ciò è possibile ma in un’altra sede a ciò deputata, che non sia troppo condizionata dall’orizzonte temporale e dalle finalità tipiche della legge Finanziaria.

Le proposte

A) Per quanto attiene alle fonti di reperimento delle risorse, la CIDA avanza le seguenti proposte:

Le Entrate

· Dal lato fiscale, riteniamo che vada delineata una nuova curva IRPEF che riduca l’eccessivo carattere progressivo delle aliquote che gravano sui redditi medio-alti e che estenda, per compensazione, il principio di progressività ai redditi sopra 100.000 euro. Rispetto al 2006, infatti, il prelievo aggiuntivo per questi ultimi è di 1.780 euro, cioè esattamente uguale a quello imposto ai redditi fino a 100.000 euro. Al riguardo ci sembra incredibile che la Finanziaria abbia dimenticato che una politica di riduzione delle disuguaglianze sociali, per essere coerente ed essere accettata, debba partire dai percettori dei redditi più alti. Inoltre chiediamo che le detrazioni e gli assegni familiari siano previsti anche per redditi da lavoro dipendente sopra i 55.000 euro. Insomma, riteniamo che vada superata la visione pauperistica ed eccessivamente egualitarista sottesa alla curva Irpef per come prospettata dalla Finanziaria.

· Riteniamo che si debba cancellare, perchè assolutamente inaccettabile, l’art. 85, comma 5, che prevede il contributo del 3% sui trattamenti pensionistici superiori a 5.000 euro mensili. Si tratta di una misura semplicemente odiosa in quanto i titolari di queste pensioni contribuiscono già allo sforzo di risanamento e di solidarietà attraverso la progressività della tassazione Irpef.

· Insieme alla lotta rigorosa al lavoro nero, consideriamo assolutamente necessario introdurre il criterio della deducibilità dal reddito di alcune tipologie di spesa collegate a prestazioni di categorie (lavoro autonomo, professionisti, ecc.) che notoriamente si sottraggono, in gran parte, all’imposizione fiscale. Ciò potrebbe fornire, attraverso la dialettica degli interessi, uno strumento molto utile per restringere l’area della evasione. Inoltre, la constatazione che una quota altissima (70-93%) dei redditi autonomi e d’impresa risulta fiscalmente al di sotto di 40.000 euro annui appare scandalosa, data la sua evidente falsità rispetto ai redditi reali, e ciò rende difficile una convinta condivisione della cultura della solidarietà;

Il risparmio di spesa

La Finanziaria riceve forti critiche, anche fondate, per aver puntato prevalentemente sulle entrate e poco sul risparmio di spesa per conseguire gli obiettivi di riequilibrio. La prevista riduzione dei trasferimenti statali alle Regioni, agli enti locali ed alla sanità costituisce, infatti, soltanto una soluzione contabile che serve ad occultare l’inevitabile maggiore prelievo fiscale a livello locale. Il risparmio atteso, inoltre, non fa leva, a prescindere dalle indicazioni di massima, sulla riduzione dei costi e sulla funzionalità delle strutture pubbliche, ma essenzialmente su ipotesi, sia pure solo adombrate, di sottoretribuzione del pubblico impiego. La CIDA ritiene, al contrario, che occorra impostare la questione sul terreno del risparmio strutturale della spesa allo scopo di eliminare le vaste aree di spreco e di inefficienza che si annidano nel sistema amministrativo pubblico. In questa direzione la CIDA si dichiara già pronta a dare il proprio contributo di conoscenza e di esperienza, sapendo che, ponendo mano da subito all’opera di profonda trasformazione degli apparati pubblici, già nel 2007 sarà possibile registrare confortanti riduzioni di spesa. La CIDA propone perciò i seguenti fronti d’impegno:

a) riduzione dei costi della politica sul terreno del finanziamento ai partiti, di contenimento del numero dei rappresentanti politici istituzionali e dei loro apparati di sostegno, della diminuzione del numero delle istituzioni rappresentative (comuni, province, comunità montane, consigli di quartiere, ecc.);

b) razionalizzazione del riparto fra i vari livelli istituzionali delle competenze legislative e amministrative, che eviti duplicazioni, semplifichi le filiere decisionali e acceleri le procedure e che definisca precisi ambiti di autonoma responsabilità finanziaria;

c) revisione complessiva delle strutture amministrative pubbliche, a partire dall’apparato statale la cui organizzazione centrale e la cui articolazione territoriale vanno ripensati alla luce di una attenta valutazione della loro utilità funzionale (e relativi costi) e delle possibilità offerte dalle potenzialità dei sistemi informatici;

d) nuovo ordinamento del personale di cui occorre curare l’aggiornamento e la formazione permanente in un quadro in cui la struttura retributiva ed il sistema premiante siano collegati alla produttività ed alla valutazione anche individuali. Inoltre prima di ricorrere a nuove assunzioni per colmare i vuoti è necessario razionalizzare la collocazione del personale già in servizio facendo ricorso alla mobilità, anche per eliminare le eccedenze improduttive;

e) revisione del numero delle posizioni dirigenziali come conseguenza dei punti precedenti, previsione di una seria e sistematica politica di formazione, valutazione sui risultati e sulle competenze cui collegare percorsi di carriera e sistema retributivo e, infine, attribuzione di ampi poteri autonomi di gestione sulle risorse umane e strumentali, quale condizione imprescindibile per dare senso e significatività ai sistemi di valutazione;

f) riforma del sistema scolastico ad ogni livello (università compresa) di cui occorre ridurre i costi e migliorarne qualità ed efficienza, anche attraverso un continuo monitoraggio.

B) Per ciò che concerne l’impiego delle risorse, avanziamo le seguenti proposte:

  • La CIDA esprime apprezzamento per la consistente riduzione del cuneo fiscale, sia per gli effetti di riduzione dei costi di produzione delle imprese sia per il sostegno all’occupazione ed alla domanda interna che da essa conseguono. Tuttavia riteniamo che debbano acquistare maggiore consistenza gli incentivi alla crescita dimensionale ed alla modernizzazione delle aziende. Un’attenzione particolare andrebbe riservata a quegli investimenti che introducano al massimo grado le ICT nei processi produttivi e che forniscano prodotti ad alto contenuto di innovazione. La competizione internazionale si affronta, infatti, non tanto sul piano dei costi, quanto dislocando la produzione nazionale dai settori tradizionali, che comunque non vanno di certo trascurati ma modernizzati, ai settori avanzati ad alto contenuto di conoscenza e di ricerca applicata;
  • Le opere pubbliche e l’occupazione vanno maggiormente orientate a fini di riequilibrio territoriale, quindi soprattutto verso il Mezzogiorno il cui deficit storico costituisce uno dei freni principali dello sviluppo dell’intero Paese;
  • Vanno rese più concentrate e selettive le spese di sostegno alla ricerca ed al sistematico sviluppo delle reti di integrazione fra la ricerca e le imprese, condizionando i finanziamenti a sistemi rapidi di verifica dei risultati;
  • Infine, peraltro a costo zero, si ribadisce la necessità di procedere con rapidità nel processo di liberalizzazione nel campo dell’energia, telecomunicazioni, trasporti, servizi pubblici locali e delle professioni.

In conclusione, la CIDA ritiene doveroso sottolineare la non più eludibile necessità, insieme all’avvio generalizzato della Previdenza integrativa, di provvedere a reperire adeguati finanziamenti per i rinnovi contrattuali dell’area pubblica, per rafforzare gli ammortizzatori sociali e per rendere possibile il miglioramento degli attuali strumenti di tutela del potere di acquisto delle pensioni al fine di ridurne il gap sia rispetto alle retribuzioni del personale in attività sia rispetto ai processi inflativi.