A questo siamo chiamati tutti, e noi dirigenti pubblici, in particolare: a vivere con dignità il responsabile dovere dell’oggi.

Stiamo vivendo tutti un momento molto complicato: il 2020 – che è stato nei Ministeri l’anno del rinnovo del nostro contratto collettivo, il 9 marzo, e che avrebbe potuto essere l’anno dell’avvio di nuove relazioni sindacali per la dirigenza pubblica – è stato, invece, semplicemente, drammaticamente l’anno della pandemia di Covid-19, un anno terribile e stra(non)ordinario.

E’ un dato di fatto, che ci ha reso tutti più vulnerabili e ci ha ricordato che poco della vita è sotto il nostro controllo. Ma ciò non è né per colpa né per merito nostro.

La pandemia ha generato tre terribili effetti negativi sulla vita della nostra comunità: la perdita di moltissime vite umane, la parziale paralisi della vita economica e la perdita di vita sociale e formativa, particolarmente dura per i giovani in età scolastica.

Proprio per queste “disgrazie”, che non ci siamo cercati e che non avremmo assolutamente voluto, il 2020 è stato un anno che ci ha insegnato tantissimo, molto di più di tanti anni “ordinari” messi in fila.

Altri momenti difficili l’umanità ha attraversato: la mente di molti è tornata ai racconti di guerra dei nonni, alla paura vera che provocava, al dolore delle famiglie spezzate, al sangue! Si viveva anche allora un senso profondo di incertezza, ci si chiedeva quando tutto sarebbe finito.

In quegli anni complicati tutti sentivano che non ci si poteva permettere di rinunciare alla speranza.

In particolare, deve essere portatore di speranza ciascuno di noi, che lavora al servizio della collettività ed è responsabile del bene comune, per la parte che gli è affidata (“per quanto di competenza”, dicono i burocrati!).

Noi dirigenti dello Stato dobbiamo riscoprire la nostra responsabilità pubblica, rilanciare il nostro impegno per il bene comune. VIVERE CON DIGNITA’ IL RESPONSABILE DOVERE DELL’OGGI

Ci sono state affidate responsabilità sulle scelte in tema di ecologia, di immigrazione, di sviluppo, di pace e dobbiamo avere il coraggio di lavorare ogni giorno nei nostri uffici con la consapevolezza che ognuno è fondamentale per adottare atti che servono alla lotta contro le ingiustizie, contro la fame, contro le disuguaglianze, in tema di cambiamenti climatici.

Nel rapporto tra persone come in quello tra Stati la pandemia ci ha insegnato che di fronte a pericoli e rischi globali ci vuole molta più cooperazione e che la solidarietà e il gioco di squadra rappresentano una forma di razionalità superiore rispetto al laissez faire.

L’esercitazione forzata di smart work, cioè di lavoro a distanza, a cui siamo stati costretti durante il lockdown, e il blocco delle relazioni faccia a faccia in presenza ci ha fatto scoprire che possiamo essere più ricchi di tempo e anche più capaci di conciliare lavoro, vita e relazioni familiari cambiando in parte le nostre abitudini.

Ma ci ha fatto anche comprendere come la “comunità di destino” che è la Pubblica amministrazione necessita di presenza, di sguardi, di scambi di idee dal vivo e di condivisione degli spazi.

Il mondo post pandemia non tornerà mai come prima se abbiamo veramente appreso la lezione.

Credo che in questo tempo più che mai abbiamo bisogno di riscoprire e vivere alcuni valori che, se accolti, possono cambiarci, maturaci, rendere migliore la Pubblica Amministrazione in cui lavoriamo: trasparenza, disponibilità, passione, fraternità.

Trasparenza: in ogni ambito della nostra vita personale e comunitaria, che significa onestà, mai più ruberie, autenticità, integrità della nostra persona…

Disponibilità: perché i cittadini e i colleghi hanno bisogno di trovare un porto sicuro, persone pronte all’ascolto, a non guardare l’orologio, a farsi interpellare da “imprevisti” che possono diventare appuntamenti con noi stessi, con la storia.

Passione: la scintilla che non ci farà essere tiepidi e indifferenti, ma pronti a metterci in gioco veramente, pagando di persona se necessario, con un fuoco sempre acceso dentro, alimentato da grandi ideali, tra cui quello di servire lo stato con dignità e decoro.

Fraternità: oltre a libertà e uguaglianza, dobbiamo rendere attuale e vivo anche il terzo principio propugnato dalla Rivoluzione francese, in modo laico, e dalle grandi religioni, in senso spirituale: la fraternità, che è attualissima in un tempo in cui ci siamo riscoperti tutti interconnessi. Un mondo fraterno dipende solo da noi.

È nostro compito, di dirigenti pubblici, continuare a lavorare – come ci ricordano il principio del bene comune e l’articolo 3 della Costituzione, per creare le condizioni per la fioritura di una nuova Pubblica Amministrazione, che vuol dire un nuovo Paese, di cui siamo al servizio.

Leggi scritte meglio, procedure più semplici e snelle, riconoscimento del ruolo e delle funzioni di ciascuno, dentro la macchina pubblica.

UNADIS lo dice da molto tempo: chi ha la responsabilità di guidare gli uffici e raggiungere degli obiettivi deve essere riconosciuto come distinto da chi collabora con questo ruolo: tanti sono gli specialisti e i professionisti che, in squadra con il manager dirigente, lavorano per ottenere risultati di crescita e di equità dei servizi pubblici, con imparzialità.

Ed è giunto il momento di dare il corretto valore e riconoscimento al ruolo degli specialisti, dei professionisti e dei tecnici nella PA, distinguendoli dai dirigenti, con la conseguenza che il ruolo e la funzione dirigenziale, a sua volta, può venire esaltata e non annacquata o confusa.

La grande sfida di civiltà del futuro post pandemia per noi potrà essere quello di realizzare una PA nuova, non piramidale e gerarchica, ma ricca di professionalità multiformi adeguatamente valorizzate e riconosciute e, quindi, generativa.

Noi dirigenti pubblici siamo ciascuno una candela, una fiammella: in una stanza buia e oscura, una sola fiammella accesa fa la differenza, fa vedere quello che sarebbe restato invisibile.

Noi abbiamo il dovere di essere quella candela: questo il mio augurio per il 2021 e per gli anni successivi…

Barbara Casagrande

Segretario Generale Unadis