DIRIGENTI ED ALTE PROFESSIONALITA’ NELLE PUBBLICHE AMMINISTRAZIONI

Il Ministro Nicolais incontra Cida, Confedir e Cosmed che gli presentano un documento comune

COMUNICATO STAMPA

 

Il ministro per le riforme e le innovazioni nella Pa, Luigi Nicolais, ha incontrato oggi gli esponenti delle confederazioni sindacali rappresentative della dirigenza pubblica e delle alte professionalità CIDA-CONFEDIR-COSMED. Durante l’incontro si è registrata una piena condivisione sulle principali problematiche relative al mondo della dirigenza pubblica, e in particolare per quanto riguarda la valutazione, le carriere e la previdenza complementare: il ministro e le confederazioni sindacali hanno convenuto  di aprire una sede di confronto permanente per individuare le soluzioni più efficaci.
E’  stata poi  sottolineata la necessità di rendere più incisivo il sistema di valutazione,  anche come strumento di garanzia dei dirigenti nei confronti dello spoil system. Infine è stato esaminata la possibilità di introdurre meccanismi di carriera legati anche allo strumento contrattuale.

 

Roma, 30 ottobre 2006

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DIRIGENTI  ED  ALTE  PROFESSIONALITA’

NELLE  PUBBLICHE  AMMINISTRAZIONI

 

Dalla legge delega 421 del 1992, che ha originato il decreto legislativo 29 del 1993 sulla “privatizzazione” del pubblico impiego, alla legge delega 59 del 1997 fino alla legge 145 del 2002, gli interventi legislativi in materia sono stati più di cinquanta.
I risultati sul funzionamento delle pubbliche amministrazioni e sul governo dei pubblici dipendenti sono quanto meno problematici: ne sono esempio concreto il ritardo quinquennale dei contratti pubblici e le costanti polemiche evidenziate agli organi di stampa.
Appare evidente, quindi,  che sulle riforme fatte e su quelle da fare occorra avviare una profonda riflessione.
Riteniamo che questa riflessione debba avere come principale punto di riferimento la Costituzione della Repubblica ed i suoi principi in materia di pubbliche amministrazioni: imparzialità, buon andamento, servizio alla Nazione.
Riteniamo, inoltre, che questa riflessione debba essere aperta e pubblica, e che debba coinvolgere tutti i soggetti, politici, istituzionali ed associativi, rappresentanti gli interessi generali del Paese, nonché delle categorie di operatori e di utenti. A questa riflessione si sentono in dovere di partecipare queste Confederazioni, a nome dei dirigenti, professionisti, ricercatori e funzionari pubblici, cominciando dal presente contributo.

Le principali problematiche, ad un primo approccio, possono definirsi nei termini seguenti:

1. Spoils system.
Ovvero, la discrezionalità su nomina e revoca dei dirigenti da parte degli organi di direzione politica, fondata su una malintesa “fiduciarietà” del rapporto tra politica ed amministrazione. Questa distorta interpretazione della privatizzazione appare superata sia in dottrina che nel dibattito politico ufficiale, ormai orientato a ritenere compatibile col dettato costituzionale solo la discrezionalità delle nomine dei dirigenti a diretto contatto con il vertice politico delle amministrazioni. In tal senso si esprimono le norme in vigore, sia di legge che contrattuali. Tuttavia, la prassi dominante, soprattutto nelle Autonomie locali, va nel senso opposto, verso la lottizzazione di ogni posto di funzione, dirigenziale ed anche subdirigenziale. Per la Sanità, è aperta la questione delle procedure di selezione e nomina dei primari dove appare eccessiva la discrezionalità di scelta da parte del Direttore Generale. Appare indispensabile, perciò, un ulteriore intervento normativo che, nella selezione dei dirigenti, elimini la discrezionalità politica sostituendola con una valutazione obiettiva di requisiti e competenze, a garanzia sia del buon andamento – dipendente dalle qualità professionali dei dirigenti – sia dell’imparzialità dell’amministrazione – dipendente dalla loro autonomia.

2. Alte professionalità (vicedirigenti, quadri, professionisti, ricercatori).
Per garantire la qualità delle prestazioni professionali di quest’area, decisiva per il buon funzionamento delle amministrazioni, è necessario distinguerla, come area contrattuale, rispetto all’ insieme del personale. Infatti, è interesse delle amministrazioni e, quindi, della collettività, che il personale ad elevata qualificazione abbia un rapporto di lavoro (insieme di diritti e doveri) coerente con i compiti ad esso affidati e questo non è realizzabile all’interno di un contratto destinato al personale impiegato in quanto la maggior parte degli istituti giuridici, le responsabilità, la struttura della retribuzione devono essere adeguate ai compiti di alta responsabilità, alla elevata professionalità ed alla assunzione di responsabilità più vicine alla dirigenza che al comparto dei “livelli”.
Le vicende dei processi di riqualificazione, ripetutamente censurati dalla Corte costituzionale, stanno a dimostrare come, in un ordinamento contrattuale unico, le posizioni funzionali-retributive più elevate vengano utilizzate per far progredire economicamente la massa dei dipendenti, mortificando funzionari e professionisti che in tali posizioni si sono collocati per concorso. Sono note le paradossali vicende dei ricercatori degli Enti pubblici di ricerca, riportati per ben due volte dall’area contrattuale della dirigenza al contratto generale di comparto senza tener conto né del collegamento con le figure universitarie, né della Carta europea del ricercatore, per tacere dell’ovvia specificità professionale. Per altri versi, il perdurante appiattimento degli insegnanti nell’unico Contratto scuola sta anch’esso a dimostrare l’impossibilità di valorizzare professionalità pur riconosciute come importanti nell’ambito delle attuali dinamiche contrattuali. Positiva, per contro, è l’esperienza di quelle categorie come i professionisti degli Enti pubblici, e come i medici e i professionisti della sanità pubblica che sono regolate, pur con regimi differenziati, da Contratti collettivi diversi da quelli del personale non dirigenziale, come anche le carriere diplomatica e prefettizia.
Di particolare rilevanza, nelle altre aree contrattuali, è la problematica della Vicedirigenza introdotta dall’art.17bis del d.lgs 165/2001 che, a causa di una formulazione poco chiara del testo normativo originario, non è stata ancora correttamente applicata.
Nell’attuale situazione, pertanto, appare necessario definire con maggior precisione i confini e le articolazioni dell’area delle alte professionalità, puntare ad una esplicita, forte valorizzazione delle specifiche funzioni, individuare soluzioni normative e contrattuali adeguate a tale valorizzazione.
3. Procedure di contrattazione e ruolo dell’ARAN.
In primo luogo, si rende necessario adeguare il sistema contrattuale delle PP.AA. alla riforma costituzionale operata con la legge n. 3 del 2001. Per mantenere Contratti collettivi nazionali stipulati dall’ ARAN anche nei settori di competenza regionale o a competenza ripartita, non si può non intervenire sulla struttura stessa dell’ Agenzia, a partire dai suoi organi di vertice, per renderla effettivamente rappresentativa anche del sistema regionale e delle autonomie locali.
Le vicende della contrattazione, fino agli intollerabili ritardi ancora perduranti, ne dimostrano con solare evidenza la criticità, e la conseguente necessità di modificarne le procedure, a partire da un maggior coinvolgimento dei Comitati di settore, attraverso propri rappresentanti, nelle delegazioni trattanti per finire con la fissazione di tempi procedurali definiti e certi coniugati alla prassi del silenzio-assenso da parte delle varie Istituzioni interessate dall’iter contrattuale (Consiglio dei Ministri, Comitato di settore, Corte dei Conti e quant’altro).
Inoltre, per la contrattazione integrativa, va affermata con chiarezza la competenza della dirigenza come parte datoriale, ad evitare le situazioni, purtroppo assai frequenti, nelle quali sono gli organi politici di vertice delle amministrazioni a trattare direttamente con i sindacati, in violazione del principio di distinzione tra direzione politica e gestione amministrativa; comportamento, questo, che viola il principio di distinzione tra direzione politica e gestione amministrativa, stante l’indiscussa appartenenza della contrattazione a questo secondo ambito.
Infine, appaiono necessari diversi interventi correttivi sul d.lgs. 165/2001 che rendano più coerenti le norme sulla rappresentatività della dirigenza e delle alte professionalità, nonché una revisione dell’accordo quadro del 7 agosto 1998 sulle modalità di utilizzo delle prerogative sindacali e sulla tutela dei dirigenti sindacali.

4. Lavoro precario nelle pubbliche amministrazioni.
Sono ormai centinaia di migliaia i lavoratori precari operanti nel sistema pubblico, perché il costante blocco delle assunzioni imposto dalle leggi finanziarie è stato eluso da tutte le amministrazioni pubbliche tramite l’utilizzo, previsto dalle diverse leggi quadro del settore statale, sanitario e degli enti locali, di forme di lavoro flessibile.
Non è più possibile tornare indietro perché molte attività istituzionali sono affidate a professionisti che hanno maturato esperienza e conoscenza pluriennale, di cui le amministrazioni non possono più fare a meno.
In questa situazione, appare indispensabile avviare procedure concorsuali di consolidamento in ruolo di tale personale, nel rispetto dell’art. 97 della Costituzione, per non disperdere queste importanti professionalità. Contemporaneamente, però, devono essere individuate e rimosse le ragioni che hanno determinato tali eccessi, impedendo che la situazione attuale possa ripetersi in futuro e riconducendo l’utilizzo del lavoro flessibile nelle Pubbliche Amministrazioni ai suoi termini fisiologici. In particolare, dovrebbe riprendersi la trattativa all’ARAN sull’accordo quadro che deve regolare questa materia in ottemperanza alla legge Biagi, trattativa interrotta tre anni or sono.

5. Previdenza complementare.
Il problema dell’attivazione della previdenza integrativa nel pubblico impiego è particolarmente grave in quanto i datori di lavoro che devono partecipare alla realizzazione dei fondi sono le diverse pubbliche amministrazioni e, di conseguenza, la procedura è particolarmente laboriosa rispetto ad un datore di lavoro privato. Se a questo aggiungiamo che i dipendenti pubblici non possono avere una seconda attività lavorativa tramite la quale integrare la propria contribuzione previdenziale si comprende come sia assolutamente intollerabile che, a dieci anni dalla “Riforma Dini”, non si riescano a trovare le risorse economiche per avviare i fondi della previdenza complementare nel pubblico impiego; a stento si è avviato il fondo Espero (Scuola) con adesioni minimali e sotto le aspettative, ma gli altri fondi non possono neanche essere avviati perché il Governo non rende disponibili le indispensabili risorse economiche.
Roma, 30 ottobre 2006