Caro Stella,
sul Corriere della Sera, da tempo, lei denuncia la distribuzione a pioggia di “premi” in denaro ai dirigenti pubblici. Ultimi, in ordine di tempo a essere oggetto di tale denuncia, quelli attribuiti dalla Presidenza del Consiglio ai dirigenti che vi lavorano.
Il fatto non è in discussione. Anche perché sugli stipendi dei dirigenti pubblici – e ci sentiamo di dire: solo di questa categoria – la trasparenza è totale. Tutto è pubblicato, su internet. Infatti, anche il suo articolo è potuto essere preciso al centesimo.
E’ in discussione però l’informazione che viene data, perché come sa bene ogni giornalista il modo in cui si porge la notizia è la notizia in sé. La stampa (e a dire il vero non pochi studiosi che affrontano il tema) si ostinano a chiamarli “premi”. E chi legge si chiede giustamente cosa ci sia da premiare e come sia possibile che tutti meritino di essere premiati.
In realtà, del premio questi importi non hanno nulla. Si tratta di risorse che fanno parte e hanno sempre fatto parte del monte-retribuzioni dei dirigenti pubblici (bloccato da 7 anni come tutti gli altri dipendenti pubblici) che a un certo punto si è voluto legare al raggiungimento di “risultati” gestionali. Ogni anno, ogni dirigente propone i propri obiettivi, se li raggiunge, e nella misura in cui vi riesce, ottiene “quella” parte della sua retribuzione. Il principio è rovesciato, quindi, rispetto a come lo presentate: è “giusta mercede”, che ottengo se e nella misura in cui raggiungo tali risultati.
Se si conviene su questo, si potrà facilmente convenire anche sul fatto che questi risultati sono tutti di troppo facile raggiungimento, che i dirigenti sono indotti a tenere basse le asticelle. E per questo prendono tutti il massimo. Ma tali risultati dai dirigenti sono solo proposti, sono approvati e sono valutati da altri, da chi (l’autorità politica che dirige ogni Amministrazione pubblica) dovrebbe dare le direttive indicando quali obiettivi raggiungere.
Siamo d’accordo che questo sistema non va, perchè basato su ipocrisie. Ma sappiate anche che questo sindacato ha fatto proposte per cambiarlo. Ha proposto sistemi più sfidanti. E’ pronto ad accettare sistemi di quantificazione oggettiva dei risultati e il voto secco dato dai politici nei casi in cui non si possa quantificare altrimenti l’attività del dirigente. Naturalmente, lei non crederà che esista un sindacato illuminato fino a questo punto e se ne farà beffe. Ma agli atti del Ministro Madia (e sul nostro sito internet, www.unadis.it) ci sono le nostre proposte: la riforma del Governo prevede di ridisegnare il sistema e vedremo se tali proposte saranno considerate; per ora non abbiamo avuto riscontro. Altra questione è che poi tali stipendi, somma di parti fisse, di parti variabili legate al tipo di incarico e di parti legate ai risultati variabili e che dovrebbero essere eventuali, e che invece eventuali lo sono poco per i motivi che sono stati spiegati, siano alti rispetto a quelli dei dirigenti pubblici di altri Paesi. Ma comunque, nel caso della Casa Bianca da lei citato come esempio, sono esposti in maniera meno analitica che in Italia. Su questo, al netto delle medie che di norma si fanno e per le quali vale naturalmente l’aurea regola del pollo di Trilussa) noi siamo sempre pronti a una discussione pubblica, in cui però si parli di tutto: stipendio lordo, netto, tasse, responsabilità, orario di lavoro, potere d’acquisto, incompatibilità, rischi…. Perché i confronti si devono fare per intero.